Intra Moenia

Mostra di Carlo Gloria e Enrica Salvatori

A cura di Monica Trigona

21 ottobre – 3 dicembre 2022


Opening: 20 ottobre 2022, ore 18.00 - 22.00

La galleria Febo e Dafne inaugura il 20 ottobre 2022 la bi-personale di Carlo Gloria ed Enrica Salvatori “Intra Moenia”. La mostra prosegue fino al 3 dicembre 2022 e parteciperà alla notte delle arti contemporanee organizzata in occasione della fiera internazionale Artissima il 5 novembre, con apertura straordinaria fino alle 24. Mentre il 4, 5 e 6 novembre, insieme alla Lavazza, saranno offerte le colazioni d’arte tra le 9.30 e le 12.00.

Gli artisti torinesi Carlo Gloria ed Enrica Salvatori sono protagonisti della doppia personale che caratterizza la stagione autunnale di Febo & Dafne.
Ricerche e carriere diverse non hanno impedito uno stimolante incontro tra lavori il cui dialogo è delegato interamente all’intuito dello spettatore, vero testimone di un avvenimento inaspettato.


Il suo sguardo infatti può spaziare dai lineamenti meticolosamente ritratti a china su carta di Carlo alle sculture realizzate con vari materiali da Enrica con occhio «tattile» nel tentativo di ricordarne o inventarne le storie. Da una parte spiccano volti segnati da vite e situazioni che non è dato conoscere ma che, con non troppo fiuto, suggeriscono un comune denominatore nel loro accostamento. Dall’altra, a cadenzare il volume tutt’intorno, campeggiano plastiche dall’estetica brutalista (ove il cemento e l’argilla enfatizzano la rudezza della struttura) inglobate dentro a gabbie metalliche. Queste sembrano ironizzare su un destino collettivo fatto di muri aperti, solcabili e di scale percorribili così come di celle inviolabili. Se le pareti lasciano intravedere i segni della vita comunitaria mentre le inferriate ne segnano la chiusura verso il mondo esterno, le loro ombre invece ammiccano alla loro presunta «anima».

Che siano spazi fisici o della mente essi sono lungi dall’identificarsi con dei «non luoghi» perché nel loro nudo mostrarsi dichiarano una loro identità e storia. I volti degli uomini di Carlo invece sono frutto di un disegno calibrato da linee più o meno vicine, a seconda della trama della pelle e delle vesti, che creano effetti di estrema verosimiglianza. Questa pratica artistica, in grado di imprimere l’immediatezza dell’atto creativo, storicamente è stata collocata in uno spazio tra l’ideazione, il bozzetto preparatorio per intenderci, e la produzione. Nel loro essere «onesti» anche nella scelta delle pose riportate, affatto scontate, i disegni asciutti e antiretorici esposti spingono lo spettatore a vedere con gli occhi dell’artista. Gente comune, attori della storia o criminali efferati? Se di primo acchito colpisce la visione personale tracciata sulle carte, in un secondo momento, scrutando i titoli delle stesse si apprende che i «disegni di malavita», questo il titolo del ciclo, riproducono quella che qualcuno definirebbe la peggiore gentaglia. Nomi come Jeffrey Epstein, Totò Riina, Pablo Escobar, Renato Vallanzasca si affacciano sui candidi spazi. Foto segnaletiche prese a prestito dal mare magnum della rete diventano raffinate immagini emanando, come le strutture architettoniche, un loro spirito che, lontano dallo sconfinare nell’astrazione, conduce magistralmente alla concretezza. La sfera umana fatta di persone, dalle loro costruzioni, e dai loro passaggi è rappresentata come in una pièce teatrale che svela lentamente fatti, luoghi e protagonisti.

La galleria acquista le sembianze inedite di un palcoscenico in cui fanno eco le migliori prove di Eugène Ionesco e Samuel Beckett, prive di logica apparente. Architetture indefinite, una scalinata sospesa, rovine, un portico bruciato, una torre di terracotta con un’unica finestra compongono un abecedario di situazioni terrene familiari ma di difficile classificazione. La luce, elemento fondamentale di ogni teatralizzazione quanto dei più riusciti «capricci» pittorici settecenteschi, talora spunta tra le nervature o retroillumina le sculture creando una sorta di aura mistica. Sono gli occhi vigili delle opere a muro che però ci riportano, ancora una volta, con i piedi per terra rammentando quanto il rappresentato arrivi dalla realtà senza elucubrazioni di sorta.

Monica Trigona

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